Panama

Dopo aver fatto il canale ci ormeggiamo nel porto La Playita che si trova su un’isoletta collegata con un istmo alla terraferma.

Il porto non è nulla di che, abbastanza caro, con pochi servizi e lontano da tutto; per fortuna c’è uber molto economico. La vera cosa impressionante sono i piloni del pontile galleggiante che aspettano l’escursione di 5 metri di marea!

Mentre faccio la rampa in salita al termine del pontile mi cade il cellulare in acqua aughhh … Fabio me ne compera uno nuovo e Ed lo recupera il giorno dopo e incredibilmente riprende a funzionare dopo 5 giorni nei sali. Abbiamo dunque un nuovo cellulare di scorta, che puo’ sempre servire. Come sempre, si fa molto facilmente amicizia sui pontili: praticamente tutti qui hanno fatto il canale e sono pronti a saltare nel Pacifico e c’è dunque tantissimo da condividere. Ci sono anche Deriska ( con loro facciamo una cena al Sofitel), Apnea di Mad (conosciuti alle San Blas, li invitiamo per l’ultimo pranzo in barca) e prendiamo un aperitivo con Vick e Nic di Amokura (amici nuovi).

Il centro storico di Panama si chiama Casco Viejo e si raccoglie su una piccola penisola. Dichiarato Patrimonio dell’Umanità UNESCO, è ricco di fascino, con strade acciottolate, tante chiese antiche, palazzi colorati e locali alla moda. Il traffico è spesso congestionato perchè le strade sono strettissime per cui hanno costruito una superstrada che letteralmente gli gira intorno.

C’è poi il centro moderno con tantissimi grattacieli a formare uno skyline che ricorda molto Singapore e Miami.

Prendiamo uber e ci facciamo portare a Casco Viejo dove per prima cosa andiamo a vedere il museo sulla costruzione del canale. E’ fatto molto bene e racconta approfonditamente tutte le fasi della costruzione, piu’ dal punto di vista storico che da quello ingegneristico.

Gironzoliamo fra le stradine che ancora mantengono un sapore molto coloniale e pranziamo ad un tavolino della piazza principale Simon Bolivar. Andiamo anche a cercare un negozio di sigari ma anche qui sono molto cari e Fabio rimane deluso. Arriviamo sull’estrema punta che è occupata da Plaza de France dedicata alla memoria dei 22.000 operai francesi che morirono durante la costruzione del canale.

Ah, il cappello Panama! Nonostante il nome, non è originario di Panama… è in realtà prodotto in Ecuador, dove viene intrecciato a mano con foglie di toquilla, una palma locale. Durante la costruzione del Canale molti operai e anche personalità importanti (come Roosevelt) indossavano questi cappelli per proteggersi dal sole. Visto che venivano acquistati e spediti al resto del mondo dal porto di Panama, il nome rimase “Panama hat”.

Dopo un buon caffe’, sempre con uber andiamo al Metropolitan Natural park che è una gigantesca oasi di foresta nel mezzo della città. Ci sono vari percorsi che, ancora, ricordano molto i parchi di Singapore. Una guida ci fa vedere un ghiro che dorme in cima ad un albero (scendono solo una volta a settimana a fare i loro bisogni), una scimmietta ed un xxxxx.

Facciamo una gita organizzata di un intero giorno nella foresta intorno al fiume Changres con visita in un villaggio della comunità Embera.

Con un bel po di ritardo ci viene a prendere un pulmino molto sgangherato guidato da un personaggio che non parla inglese. Dopo circa mezz’ora, usciti dalla città, c’è un posto di blocco e il nostro driver viene fatto scendere dal pulmino e portato via (probabilmente arrestato ma non sappiamo perchè). Attendiamo un bel po e poi arriva un altro pulmino (il gruppo non privato) e la guida Philippe diventa nostra…. inizio un po’ tormentato.

Arriviamo sulla riva del fiume e saliamo in fila su una lunga canoa di legno con due indigeni, uno a prua con un lungo bastone che aiuta nelle secche e uno a poppa con il motore. Sono vestiti con perizoma e gonnellino di perline, oltre ad alcune collane sempre di perline. Risaliamo il fiume che in alcuni punti è marrone ed in altri piu’ limpido e spesso cosi’ basso che procediamo solo con le spinte del bastone. Sulle rive ogni tanto si vedono capanne di legno e compaiono anche bambini o famiglie intere che fanno il bagno.

Dopo circa mezz’ora arriviamo in uno dei quattro villaggi che costituiscono la comunita’ Emera che è composta da poco piu’ di 200 persone. Al nostro arrivo alcune donne fanno una danza di benvenuto: sono vestite con gonne colorate e reggiseni tempestati di perline e monetine, i capelli lisci e neri corvini decorati con fiori e alcune hanno uno stranissimo tatuaggio sul viso che quasi simula una barba. I tatuaggi li fanno con un inchiostro ricavato da una pianta e durano solo alcuni giorni ma, oltre ad essere decorativi, tengono lontane le zanzare.

Con la guida facciamo un giro nel villaggio vedendo l’utilizzo di varie piante, la cucina e le capanne e conosciamo anche il “sindaco” che viene eletto ogni 4 anni.

Nel grande salone fanno poi una danza e preparano il pranzo per tutti che consiste in pesce di fiume frittto, pollo fritto, patacones e tantissima meravigliosa frutta.

Risaliamo sulla nostra canoa e ripercorriamo il fiume in discesa che ora è davvero tutto marrone ed è cresciuto perchè piove sulle montagne.

Ci fermiamo su un’ansa e camminiamo per una ventina di minuti in mezzo alla foresta guadando alcuni pezzi di fiume fino ad arrivare ad una pozza con una cascata dove facciamo un bagno super rinfrescante e tantissime foto. La nostra guida è un ex pilota di aerei ed è molto compente e divertente: 5 stelle.

Siamo solo noi e ci sentiamo davvero degli esploratori nella jungla.

Poi ancora canoa e pulmino per tornare alla nostra barca.