Arriviamo a Itaca partendo dalla Grecia continentale, dal Parco Ecologico di Porto Skrofa appena fuori il golfo di Corinto.

Facciamo circa 20 miglia di bolina con 30 nodi di vento e la trinchetta. La trinchetta è la vela piu’ piccola di prua che è fissata all’albero in un punto piu’ basso rispetto al genoa per cui bisogna fissare una volante a poppa per controbilanciare.

Troviamo un’andatura perfetta che ci fa sbattere poco sul mare abbastanza formato ma che ci fa andare un po fuori rotta…..per cui ci mettiamo un po di piu’ del previsto.

Fra i vari bellissimi ormeggi che ci sono ad Itaca decidiamo di andare nella baia di Vathi, che è anche la città principale.

Orograficamente, solo una piccola fascia di terra divide l’isola in due, come fosse una farfalla. Gli isolani hanno scelto la parte meridionale per creare la loro base del vivere quotidiano. La sapevano lunga, perchè la baia dove sorge Vathy è un vero, indiscusso spettacolo.

Entriamo nel golfo di Vathi con 30 nodi di vento e la baia è ben affollata per cui fatichiamo a trovare un posticino. Il fondo pero’ è fango buonissimo tenitore per cui siamo ancorati fissi al primo colpo. La baia è quasi tonda e c’è pure un isolotto che veniva utilizzato come lazzaretto mentre ora c’è solo una chiesetta.

Andiamo a terra con il Potino e gironzoliamo per il paese: c’è un lungo lungomare con parecchi ristoranti dove ci godiamo un fantastico spritz e poi andiamo nelle viuzze interne e troviamo un posto carinissimo in una piazzetta.

Passiamo una notte molto tranquilla e quando ci svegliamo se ne sono già andati tutti e rimaniamo quasi solo noi ancorati nel mezzo della baia.

Torniamo a terra con le scarpe da ginnastica perché oggi si sgambetta!! : facciamo 6 km intorno alla baia andando anche fino in fondo sul lato a est dove c’è anche un relitto e una stradina immersa nella pineta che termina in una bellissima spiaggia con pochissime persone. Ne valeva proprio la pena!

Una delle cose affascinanti di Itaca è la vegetazione: pini e cipressi su dolci colline con qua e la’ ville dall’antica fattezza veneziana… sa molto di Italia.

Ahhh altra cosa: qui si sente parlare solo greco o italiano!

La seconda notte andiamo ad ancorarci in una baia MeRaViGlioSa a nord (facciamo solo 2 miglia a motore): baia Marmagkas. Anche questa inizialmente un po affollata ma dopo il tramonto se ne vanno in parecchi. C’è un piccolo isolotto proprio nel mezzo con una chiesetta.

Oggi attiviamo l’Ondone (l’abbiamo chiamato cosi): il motore Honda per il Potino che tenevamo di scorta ma visto che quello elettrico è molto sofferente lo manderemo in manutenzione alla casa madre. Abbiamo comperato olio e benzina e l’abbiamo battezzato. Diciamo che il Potino con un rumoroso 6 cavalli vola come un motoscafo!.

Cena in rada con pasta fatta da Fabio.

La mattina successiva, prima che la baia si riempia di barche andiamo in esplorazione con i sup e la go-pro. Scendiamo sull’isolotto e andiamo anche noi a suonare la campana che è appesa ad un ramo. Secondo me questo sarebbe un posto bellissimo per organizzare un matrimonio!.

Un po’ di storia:

Micenei, Greci, Romani e poi Bizantini. Seguono nel 1400 decenni di alterne vicende belliche nelle quali Venezia emerge come principale antagonista dell’inarrestabile espansione ottomana, giungendo infine, nel 1504, a ottenere il controllo di Cefalonia e Itaca (quest’ultima praticamente spopolata). Lo stato di abbandono in cui versava fu fronteggiato con un decreto del Senato veneziano del 18 marzo 1504 che accordava l’esenzione delle tasse per cinque anni a chi si stabiliva sull’isola. Una vera e propria ripresa si ha però solo nel corso del Seicento, quando alla coltivazione dell’olio e del grano si aggiunge quella (importata da Zacinto) dell’uva sultanina, che sino all’Ottocento rimarrà un’importante fonte di esportazione, soprattutto sul mercato inglese. I Veneziani potenziano anche l’approdo di Vathi, che a partire dal Settecento si svilupperà diventando la capitale dell’isola (in precedenza, per la paura della pirateria, gli abitati si trovavano in alto lontano dalle coste; la capitale nel periodo medioevale era Paleochora, le cui rovine sono a tutt’oggi visitabili sulle pendici del monte Peteliatiko). 

Nel 1797 col trattato di Campoformio terminò la plurisecolare dominazione veneziana e le isole ionie passarono alla Francia; grazie al prestigio crescente presso gli occidentali della reputazione omerica di Itaca, il nuovo dipartimento (che comprendeva anche Cefalonia e aveva la capitale ad Argostoli), prese il nome ufficiale di Dipartimento di Itaca. Un’alleanza russo-turca strapperà le isole ai francesi e porterà, nel 1800, alla fondazione della Repubblica delle Sette Isole Unite sotto sovranità ottomana e protettorato russo. Fu questa la prima esperienza di autogoverno greco, in cui ebbero un ruolo principale i greco-veneti, tra i quali Giovanni Capodistria. Nel 1809 il Regno Unito prese possesso militare delle isole, il cui destino fu deciso dagli accordi del Congresso di Vienna, che prevedevano la fondazione degli Stati Uniti delle Isole ionie, un’entità statale indipendente posta sotto protettorato britannico. Nel 1816 Sir Thomas Maitland, primo Lord High Commissioner del nuovo stato, sbarcò a Corfù, e l’anno successivo venne approvata la Costituzione.