
Torniamo a Santa Cruz dopo aver passato 3 notti a San Cristobal. Il mare è calmo andiamo quasi tutto il tempo a motore. Abbiamo la visita dei red footed boody che prendono un passaggio. Gettiamo l’ancora praticamente nello stesso punto di 4 giorni prima ma questa volta c’è anche Deriska (la barca dei nostri amici turchi) che è arrivata qui ieri.
Andiamo con loro a cena in un posto carinissimo pieno di lucine che si chiama The Point.
Il 12 aprile arrivano Carola e Pietro Pieretti. Per arrivare qui dall’Italia è bella lunga: bisogna fare 2 scali e a causa delle coincidenze loro hanno dovuto passare una notte a Guayaquil. Passiamo una giornata intera piena di chiacchiere no-stop e aggiornamenti su amici, conoscenti, cani, figli, e zii di terzo grado.

Sono giorni di elezioni in Ecuador e il governo ha deciso niente alcolici per tutto il weekend! Niente vino, niente birra, nemmeno un prosecchetto. Ma a pranzo ci servono una birra travestita da tè nella tazza della nonna. Il proibizionismo stile equador.
Il giorno successivo ci vestiamo da grandi esploratori e andiamo a vedere la Charles Darwin Research Station che si trova appena fuori dal paese. Non ci si puo’ andare da soli ma sempre accompagnati da una guida naturalistica che ci accorpa insieme ad altre persone all’inizio della via della Tortuga. Paghiamo solo 10 usd a testa per l’ingresso al centro e per la guida che pero’, dato che il gruppo è quasi completamente formato da equadoregni, fa la spiegazione in spagnolo per cui non capiamo proprio tutto.






Il Centro è stato inaugurato nel 1964 come base per gli scienziati che conducevano studi alle Galapagos e oggi raccoglie 135.000 esemplari di specie endemice, native e introdotte.
C’è un lungo camminamento che attraversa la vegetazione costituita da arbusti e da cactus con il tronco vero di corteccia e poi invece dei rami hanno le terminazioni tipiche dei cactus che, a sconda dell’età, possono avere piccole spine o solo una barbetta e fanno un frutto simile al fico d’india che si puo’ mangiare solo se giallo. Possono vivere anche centinaia di anni.
Si susseguono varie capanne con i cartelloni e le spiegazioni … per fortuna un po’ di ombra perchè si schiatta dal caldo.
Le tartarughe di quest’isola sono diverse da quelle di San Cristobal: hanno il guscio che ricorda un po una sella di cavallo e un collo che farebbe invidia a una giraffa. Sono proprio queste e altre differenze notate fra le stesse specie di animali che stavano sulle diverse isole che hanno confermato a Darwin la sua teoria sull’evoluzione che già aveva cominciato ad abbozzare quando visitava il sudamerica, poco prima di arrivare qui e starci 5 settimane nel settembre del 1835 (ci è stato molto utile aver letto il libro “This things of darkness” di Harry Thompson che racconta benissimo tutto il secondo viaggio del Beagles di Fitzroy e la nascita della teoria dell’evoluzione di Darwin).






In una stanza mantenuta a corretta temperatura vediamo dentro ad una teca di vetro “Lonesome George”, l’ultimo esemplare delle tartarughe giganti che si trovavano sull’isola Pinta, morto nel 2012 a 100 anni suonati. Era l’unico esemplare rimasto sull’isola dove tutti gli altri erano morti: dei pescatori avevano infatti lasciato 3 caprette sull’isola nel 1959 per avere carne fresca e nel giro di 10 anni queste erano diventate migliaia e hanno distrutto l’habitat delle tartarughe giganti. Hanno provato a far accoppiare George con tartarughe giganti di altre isole ma niente da fare perchè era sterile. Cio’ a differenza di Diego, una delle ultime 15 tartarughe di una specie che ha generato ben 900 eredi e ha salvato la sua specie dall’estinzione.
Nel 700 e 800 le tartarughe vennero decimate anche dai navigatori che le caricavano a decine sulle navi per avere carne fresca senza costo dato che potevano resistere mesi senza mangiare nè bere e non avevano bisogno di muoversi.
Scopriamo anche tante altre cose…. che non dico seno non finisco piu’
Dopo un breve riposino in barca facciamo un’altra esplorazione e andiamo a Las Grietas e si aggiungono anche i Deriska. Partendo dal porto si cammina per una ventina di minuti fra spiaggie e una vegetazione molto particolare fatta di pietre nere su sabbia, cespugli, cactus e tanta acqua. Un paesaggio lunare dove vediamo iguane e tanti uccelli.






Ovviamente possiamo entrare nel parco di Las Grietas solo con una guida che ci racconta dei cactus…
Arriviamo all’inizio di un canyon di roccia nera, ci spogliamo e con la maschera e boccaglio entriamo nell’acqua fredda e nera del fiordo. Un po’ perchè non c’è luce, un po’ perchè c’è tanta gente l’acqua è molto torbida e non si riescono ad identificare bene e subito i pesci che comunque sono tanti!
Nuotiamo fino in fondo al fiordo e poi ritorniamo. Sulla strada del ritorno ci godiamo un silenzioso tramonto con una bellissima e memorabile birretta tutti insieme.
Cena in barca sotto una fantastica luna piena con pasta al tonno di Carloforte fatta da chef Fabio.





