Passiamo piu’ di una settimana a Martinica, la maggior parte del tempo a Le Marin, che è il porto attrezzatissimo per velisti che si trova a sud e dove praticamente arrivano tutti quelli che fanno la traversata e hanno qualche cosa da riparare.

La Martinica fu scoperta da Cristoforo Colombo nel 1502, durante il suo quarto viaggio verso il Nuovo Mondo. A quei tempi l’isola era abitata dagli Indiani dei Caraibi (Arawaks), ed era conosciuta con il nome di Madinina che nella lingua indigena significa “isola dei fiori”.

Facendo parte della Francia e della comunità europea, la lingua ufficiale è il francese, ma tutti gli abitanti originari dell’isola parlano correntemente il creolo delle Antille (Patois), una lingua comune anche ad altre isole dei Caraibi. Il creolo delle Antille è un insieme di parole provenienti dall’inglese, dal francese e da alcuni dialetti africani e degli amerindi.

Nel 1635 fu istituita la colonia francese di Martinica. I francesi impiantarono nell’isola piantagioni di canna da zucchero e di caffè e vi importarono degli schiavi provenienti dall’Africa. Nel 1762 l’isola fu conquistata dagli inglesi, che la tennero per un anno. Durante la Rivoluzione francese i proprietari delle piantagioni cercarono di ottenere l’indipendenza e di creare uno Stato autonomo: nel 1790 si ribellarono e occuparono Saint-Pierre. L’isola venne tuttavia occupata nuovamente altre due volte dalle truppe inglesi durante le guerre napoleoniche ma alla fine rimase francese. Nel 1902 avvenne la distruzione della capitale Saint-Pierre, antica e florida capitale dell’isola, in seguito alla violenta eruzione del Monte Pelee . Nel 1946 si decretò la fine dello status coloniale dell’isola.

Attualmente la popolazione di Martinica e in particolar modo della capitale Fort De France si sta ribellando per il carovita: i prezzi al consumo sono il 40% piu’ alti che in madrepatria.

Fino a fine ottobre c’era il coprifuoco per limitare le proteste ma ancora oggi di sera ci son barricate ed incendi: noi non visitiamo Fort de France, ovviamente.

Essendo territorio francese le pratiche di ingresso sono molto semplici e si fa tutto online, c’è l’euro e c’è pure l’Auchan e il Carrefour con prodotti nostri la qual cosa fa sentire un po a casa. Sono queste piccole cose che rendono piu’ confort vivere in paesi lontani: mi ricordo quando a Singapore adoravo andare all’Ikea.

Con Enzo in macchina il primo giorno siamo andati sulla costa Atlantica verso nord a cercare onde per surfare. L’interno dell’isola è tutto un susseguirsi di colline verdissime e rigogliose, piene di piantagioni di banani e con tanti paeselli tenuti abbastanza bene. La penisola che affaccia sull’Atlantico è molto turustica grazie a bellissime spiagge: noi andiamo a Tartane e facciamo un bellissimo pranzetto in un chiringhito e poi io mi faccio un bel massaggio fra le tende bianche sulla spiaggia.

Un altro giorno andiamo alla spiaggia delle Saline che si trova sulla punta a sud dell’isola ed è ritenuta una delle piu’ belle….in effetti: acqua verdissima, sabbia bianca e palme. Anche qui si trovano parecchi ciringhiti all’ombra delle palme. Confermo che qui la vita è abbastanza cara: colazione con cappuccio e brioches a piu’ 20 euro!

Ma la cosa piu’ bella che succede a Martinica è che arriva Flavia! rimarrà con noi per piu’ di due settimane e noi siamo felicissimi. Sarà un Natale molto strano, sarà quasi un non-Natale. Il primo Natale senza le nonne e il primo Natale senza noi 6 insieme.

Piove ininterrottamente per piu’ di 24 ore ma appena il meteo si rimette al bello salpiamo e andiamo per due giorni alla Grand Anse d’Arlait che si trova poco piu’ a nord. Vediamo anche tantissimi delfini.

Con il Potino andiamo a terra al tramonto a fare due passi sulla spiaggia bianca e vediamo il famoso lungo molo che porta alla chiesa rossa dove stanno festeggiando un matrimonio. Poi pero’ torniamo in barca per una pasta come si deve e come è tradizione. Tramonto strepitoso!

Torniamo per una notte al porto di Le Marine per far aggiustare il freezer e il 24 pomeriggio salpiamo per davvero. Buttiamo l’ancora nella piccolissima baia Anse Noir che è nel grande golfo di Fort de France.

Buttiamo l’ancora e ….preparativi per il cenone di Natale: aperitivone, focaccia, insalata di mare, tartine con salmone, tartine con pate, cocktail di gamberi, ravioli al pomodoro e torta di mele. A seguire (ma prima della mezzanotte) apertura dei regali: tutti bellissimi!!

Il giorno dopo ce la godiamo in questa bellissima insenatura piena di pesci. Ci sono due insenature affiancate: una con la sabbia nera e una con la sabbia nera. Gonfiamo anche i sup che non usavamo da mesi e andiamo in esplorazione sulla barriera corallina.

Dopo pranzo salpiamo e andiamo a Saint Pierre: era la vecchia capitale ed è stata completamente distrutta dall’eruzione del vulcano Pelee nel 1902. In pochi minuti il vulcano erutta e sommerge la città affondando anche le navi ferme in porto.

Due sole persone sopravvivono a questo disastro: sono due prigionieri che devono la loro salvezza allo spessore delle pareti e il fatto che il carcere è stato solo in parte sepolto. Oltre a questi due e venti marinai che sono sopravvissuti , tutti gli abitanti di Saint-Pierre ancora presenti al momento dell’eruzione in gran parte morirono per asfissia durante il passaggio del flusso piroclastico. Quel giorno fatidico, circa 28 000 persone rimasero uccise in pochi minuti.

Scendiamo a terra, ma essendo la sera del 25 dicembre è tutto chiuso!! non c’è aperto nemmeno un bar per una birra. Il paese è abbastanza poverello e desolato e il fatto che è deserto lo rende quasi inquetante. Con la cosa fra le gambe ce ne troniamo in barca per una buona pasta con la bottarga. Dopo cena salpiamo: notturna verso Guadalupe.